Raggi cosmici e missioni spaziali

Mostra Globo, Trieste, 2004

 

 

Il fenomeno dei Lampi di Luce è in realtà solo uno dei tanti fenomeni causati dai raggi cosmici che hanno luogo in prossimità della Terra e nel   Sistema Solare. Il nostro pianeta ci protegge infatti -  tramite il suo campo magnetico e l’atmosfera - dalla maggior parte dei raggi cosmici  e dei loro potenziali effetti  deleteri. Il maggior numero di raggi cosmici è composto dai protoni e dagli elettroni del vento solare, particelle emesse dagli strati più esterni del sole (la cromosfera) con velocità intorno ai 400 km/s. L’effetto della rotazione solare fa sì che queste particelle si allontanino dalla nostra stella seguendo una traiettoria a spirale (spirale di Archimede, o di Parker, dal nome del suo scopritore) non dissimile dall’acqua di un annaffiatoio da giardino ruotante. In prossimità della Terra il vento viene deflesso dal nostro campo magnetico, che agisce come uno scudo deflettendo la quasi totalità delle particelle del vento solare. Il campo geomagnetico può essere schematizzato come quello generato da un’enorme calamita  posta all’interno della Terra (ma inclinata di 11 gradi rispetto all’asse di rotazione terrestre e leggermente spostata dal suo centro). E’ questo campo magnetico che fa orientare le bussole ed allontana le particelle del vento solare. Queste particelle riescono però ad incanalarsi lungo le linee di forza dei poli dando spesso luogo allo spettacolo delle aurore, prerogativa non solo della Terra ma anche di  altri pianeti. Nel campo magnetico terrestre vi sono anche due fasce di radiazione (o di Van Allen, dal nome del suo scopritore) composte da protoni (quella più interna) e da elettroni (quella più esterna).  Nella fascia esterna di Van Allen si trovano, a 36000 km di altezza i satelliti geostazionari per telecomunicazioni (e per la televisione via satellite): talvolta le tempeste solari possono far aumentare il flusso di particelle che investono questi delicati strumenti, danneggiandoli o addirittura mettendoli fuori uso nonostante tutte le precauzioni prese. La fascia più interna è invece attraversata dagli astronauti a bordo delle stazioni spaziali (prima la russa Mir ed adesso la Stazione Spaziale Internazionale o ISS). In effetti l’orbita scelta per gli unici moduli in grado di ospitare la vita umana al di fuori del nostro pianeta è il frutto di un compromesso tra la necessità di avere un’orbita stabile (e dunque elevata, ad di fuori dell’attrito dell’atmosfera terrestre) ed un ambiente sicuro per gli astronauti (e dunque lontano dal centro della fascia interna di Van Allen). La Stazione Spaziale Internazionale ha  ad esempio un’inclinazione di 50.60 ed un’altezza di circa 380 km: questo la porta a passare all’interno della zona di protoni solo nella cosiddetta Anomalia del Sud Atlantico, ove il campo magnetico è più debole (perché è più lontano dalla calamita)  e respinge con minore forza i protoni in essa contenuti.
 I raggi cosmici intrappolati, quelli solari e quelli provenienti dalla nostra galassia, seppur fonte inesauribile di informazioni sulla struttura del nostro sistema solare e del nostro universo, rappresentano comunque un rischio per gli astronauti nello spazio e la fonte di dose radioattiva da essi assorbita. Si tratta dunque di un fattore   di cui tener conto nella valutazione del rischio delle missioni spaziali e delle eventuali malattie cui gli astronauti possono andare incontro.  Nel caso delle missioni a bordo della stazione spaziale questo rischio è ridotto; inoltre vi è sempre la possibilità di tornare a terra con una navetta Soyuz di salvataggio qualora insorgano problemi legati  ad esempio  ad eruzioni solari. Nello spazio interplanetario ciò non può accadere; sino ad ora le uniche missioni che abbiano portato l’uomo al di fuori dello scudo protettivo del campo geomagnetico sono le missioni Apollo. In questi casi però la durata ridotta della missione e l’assenza di eruzioni solari ha fatto sì che gli astronauti non avessero problemi da questo punto di vista. Un grafico della NASA riporta tuttavia le dosi che gli astronauti avrebbero assorbito se si fossero trovati sulla luna nel caso di eruzioni solari: nel caso di eventi particolarmente intensi come quello del 1972, queste dosi sarebbero state mortali.
Una missione su Marte deve dunque tener conto anche di tutti questi problemi: un equipaggio che si trovi nello spazio per un periodo di tempo superiore ad un anno  dovrà essere opportunamente protetto  dall’azione dei raggi cosmici galattici e soprattutto delle tempeste solari. Al momento   sono allo studio vari metodi con cui realizzare questa protezione: quelli più all’avanguardia progettano di ripetere ciò che è stato creato dalla natura: portare con sé  un magnete superconduttore che – attivato in presenza di eruzioni solari – possa deflettere il grosso delle particelle in maniera analoga a quanto fatto dal campo magnetico del nostro pianeta. 

 

Il nostro Sole: il plasma a più alta temperatura (più chiaro) si muove lungo le linee di forza del campo magnetico del sole.

 

Il campo magnetico inteplanetario ha la forma di una spirale a causa della rotazione del Sole.

Il campo magnetico terrestre può essere  pensato come una calamita a barra capovolta, inclinata rispetto all’asse di rotazione e spostata dal centro della terra.

La Magnetosfera terrestre in scala con il nostro pianeta. Il campo geomagnetico genera un’onda d’urto (bow shock) all’interazione con il vento solare. La regione di intrappolamento (trapping region è quella che comprende le due fasce di Van Allen)

L’aurora terrestre vista dallo spazio
L'aurora di Saturno vista dall'Hubble Space Telescope

Le fasce di Van Allen, elettroni e prootni, in scala rispetto alla Terra

 

Linee di forza del campo magnetico terrestre: si noti  la posizione dei poli magnetici e e dell’anomalia del Sud Atlantico

Flusso di particelle a bordo della stazione spaziale Mir . Si noti l’incremento verso le regioni polari e nella regione dell’Anomalia del sud Atlanico. Dati di Sileye-2
La stazione spaziale internazionale
Altezza dell’orbita della Stazione spaziale internazionale nei primi anni di vita. L’attrito con l’atmosfera fa decrescere l’orbita della stazione, che viene incrementata  con l’ausilio degli Shuttle o delle Soyuz.
Date delle misssioni Apollo e delle maggiori eruzioni solari del tempo. Le dosi forntie sono quelle che sarebbero state assorbite nel modulo orbitante (rosso), il modulo di allunaggio (verde) ed in una tuta spaziale (giallo)..Una dose di 1 Sv sarebbe stata fatale in caso di concomitanza di missione lunare ed eruzione solare.
Un campo magnetico toroidale può essere installato a bordo di una missione verso Marte per deflettere i protoni emessi dalle eruzioni solari.