Il rientro nell'atmosfera dei veicoli spaziali

Scienzapertutti, Rubrica Chiedi all'esperto

 

Un oggetto in orbita attorno alla Terra è dotato di  una velocità orizzontale  tale da far sì che la forza centrifuga (diretta lontano dalla terra) bilanci la forza di attrazione gravitazionale (diretta verso la terra) 1 . Questa velocità è fornita al momento del lancio dai motori del razzo che – oltre a spingerlo verso l’alto – lo spingono orizzontalmente 2 . Per far rientrare lo Shuttle (ma lo stesso vale per le Soyuz russe) ci sono poi due possibilità:   l’uso di retrorazzi  o l’attrito con l’atmosfera. I retrorazzi vengono utilizzati sui corpi celesti  ove non vi è  atmosfera, quali ad esempio la  Luna. Infatti nel corso delle missioni Apollo il LEM (Lunar Excursion Module) dovette ridurre gradualmente la velocità fino a posarsi dolcemente al suolo con l’uso di retrorazzi. La  gravità inferiore della Luna – pari a  circa 1/6 di quella terrestre – rende questa tecnica possibile richiedendo una quantità di carburante ben inferiore a quella necessaria per un eventuale atterraggio.
Nel caso di  rientro sulla  Terra sarebbe necessario il doppio del carburante attualmente utilizzato (per accelerarla in orbita e poi per decelerarla sino all’atterraggio), con conseguente riduzione del cargo e del numero di membri dell’equipaggio. 
L’alternativa a questo sistema è quello di dissipare l’enorme quantità di energia cinetica che lo Shuttle ha in orbita per attrito con l’atmosfera. Al momento del rientro, lo Shuttle accende i retrorazzi quel tanto che basta per scendere negli strati più alti dell’atmosfera. Per far questo è necessaria una decelerazione che faccia variare la velocità di 80m/s contro – appunto i  9.7 km/s necessari per un atterraggio completo. Appena scesi negli strati più alti dell’atmosfera,   anche se la densità delle molecole dell’aria è ridotta – la velocità è tale da far  rapidamente  ridurre l’altezza dello Shuttle. L’attrito aumenta considerevolmente ed è solo il rinforzo di ceramica e fibre di carbonio che evita che la navetta venga fusa dal gas ionizzato creato dallo Shuttle.  Il profilo di rientro è molto delicato: non è possibile scendere troppo velocemente nell’atmosfera perché altrimenti si attraverserebbero  gli strati più spessi ad una velocità eccessiva, con conseguenti danni alla navetta.
Lo Shuttle risente   dei primi effetti aerodinamici ad una velocità di 7.6 km/s, ad un’altezza di 122 km. Avrà bisogno di molto spazio per atterrare: si trova infatti a circa 8100 km dal punto di atterraggio. Si trova nella cosiddetta fase di controllo termico,  che durerà sino ad che la sua velocità non sarà pari a  5.8 km/s.  La  navetta rientra inclinata di un angolo di circa 40 gradi rispetto al suolo,   mantenuto dai computer che controllano il sistema di propulsori di manovra. E’ in questa fase che viene dissipata una gran parte dell’enorme quantità di energia cinetica sotto forma di calore. Si passa poi nella fase di discesa ad aliante, in cui l’assetto viene mantenuto sino a che la decelerazione dello Shuttle è pari ad 1g (ossia alla forza di gravità cui siamo soggetti sulla Terra). All’inizio della  fase finale o a attrito costante, la navetta si trova ad un’altezza di 2700 m dal suolo ed ad una distanza di 94 km dalla pista d’atterraggio (la sua velocità è ancora 760 m/s o Mach 2.5): lo Shuttle rallenta ancora sino a giungere sulla pista d’atterraggio.
Anche con questo  profilo di rientro,  la temperatura sulle piastrelle ceramiche raggiunge temperature molto elevate: in Figura 3 è visibile il profilo di temperatura del sistema di manovra nei vari voli: si notino i valori eccessivi nel caso della missione 107, in cui il Columbia fu distrutto da una falla nella parte frontale dell’ala. 

Le ali della navetta entrano dunque in gioco solo nella parte finale del suo atterraggio, quando questa ha velocità comparabili con un aereo di linea. Vi è però una ulteriore fondamentale differenza con i più comuni Boeing: come già notato lo Shuttle non ha motori come gli aerei e si comporta come un grosso, pesante aliante con le ali molto tozze 3 . E’ dunque necessario l’ausilio del computer unito alla bravura del comandante per riportare il suo prezioso carico a terra. 

1 Per orbite basse, ossia quelle in cui si trovano gli astronauti questa è pari a 9.7 km/s.

2 Osservando i filmati del lancio dello Shuttle è possibile vedere come la navicella non sale verticalmente ma si inclina mentre prende quota. La navetta ruota anche intorno al suo asse per ridurre gli stress meccanici dovuti al viaggio supersonico nell’atmosfera.

3 Il Buran - versione sovietica dello Shuttle – poteva utilizzare i motori anche nella fase di atterraggio che risultava dunque più semplice (Figura 2). Era inoltre possibile effettuare atterraggi automatici come in effetti avvenne nel suo primo ed unico volo del 15 Novembre 1988. 


 

 

Figura 1: Decollo del Columbia nel corso della missione STS-58, 18 Ottobre 1993. Foto Nasa 

 

Figura 2:  Un modello della navetta russa  Buran al Cosmodromo di Baikonur. Foto M. Casolino

Figura 3: Andamento della temperatura del sistema di manovra orbitale (alto) e dell’ala sinistra (basso) dello Shuttle nel corso di varie missioni. Il tempo è misurato in secondi dall’entrata nell’atmosfera (EI). Si noti la grande differenza di temperatura tra l’ala ed il sistema orbitale. Nel caso della  missione STS-107, in cui fu distrutto il Columbia, la temperatura si è rivelata più intensa delle altre missioni (i valori del Columbia a t=+500s non sono più significativi). Fonte: Columbia Accident Investigation Board.